Aprire la partita IVA o non aprire la partiva IVA questo è il dilemma

Scritto il .

In questo post vorrei fornire alcuni chiarimenti riguardanti l’obbligo di aprire la partita IVA nel caso di piccole attività.

E’ necessario aprire la partita IVA per realizzare e vendere beni nuovi frutto della propria manualità ed estro ?

E per vendere oggetti vintage nei mercatini, su eBay e altri siti simili?

Oppure per dare lezioni di matematica o per collaborare alla gestione di una Pagina Facebook?

La risposta è: dipende.

Quando mai in materia di fisco ci sono certezze?

Prima di approfondire farei un passo indietro, per una precisazione.

Avere o non avere la partita IVA non significa dichiarare o non dichiarare il reddito.

Il reddito va dichiarato SEMPRE. A seconda che si abbia o meno la partita IVA cambia l’inquadramento dell’attività, cambiano gli adempimenti da fare e il quadro della dichiarazione dei redditi da compilare.

Quindi, posto che NON avere la partita IVA NON E’ UGUALE a non pagare le imposte, andiamo a chiarire in quali casi occorre la partita IVA.

Quando è necessario aprire la partita IVA

Gli articoli 4 e 5 del DPR 633/72 dicono rispettivamente:

“Per esercizio di imprese si intende l’esercizio per professione abituale, ancorché non esclusiva, delle attività commerciali o agricole di cui agli articoli 2135 e 2195 del codice civile, anche se non organizzate in forma di impresa, nonché l’esercizio di attività, organizzate in forma di impresa, dirette alla prestazione di servizi che non rientrano nell’articolo 2195 del codice civile.”

“Per esercizio di arti e professioni si intende l’esercizio per professione abituale, ancorché non esclusiva, di qualsiasi attività di lavoro autonomo da parte di persone fisiche ovvero da parte di società semplici o di associazioni senza personalità giuridica costituite tra persone fisiche per l’esercizio in forma associata delle attività stesse.”

Quindi il termine al quale prestare la massima attenzione è “abituale”.

Quando un’impresa, un’arte o professione è abituale occorre aprire la partiva IVA.

E che cosa significa abituale?

Senza dubbio significa continuativa e non occasionale.

Inoltre, nel lontano 1977, la circolare delle Finanze 7/1946  aveva stabilito che: “l’attività svolta in forma abituale deve intendersi un normale e costante indirizzo dell’attività del soggetto che viene attuato in modo continuativo: deve cioè trattarsi di un’attività che abbia il particolare carattere della professionalità.

Continuativa e professionale.

Deve anche essere l’unica attività esercitata?

No, perché gli articoli 4 e 5 dicono espressamente “ancorché non esclusiva”.

Qualche esempio per capirci meglio:

a. Anna fa l’impiegata e nel tempo libero realizza braccialetti che vende ad amici e conoscenti. La sua attività è saltuaria in quanto viene svolta senza abitualità, né continuità. Inoltre questi introiti non rappresentano per lei la fonte principale di reddito, ma un piccolo arrotondamento.
Direi che siamo nel caso di NON obbligo di Partita IVA.

b. Mario ha un impiego part-time, ha anche la passione per i mobili vintage, acquista e rivende mobili e oggetti e partecipa con molta frequenza a mercatini. Il tempo che lui dedica a questa attività è costante e rilevante.
In questo caso è necessario essere in possesso della partita IVA, in quanto l’attività di Mario presenta la caratteristica della abitualità.

c.  Chiara è una studentessa e impartisce occasionalmente lezioni di inglese. NON ha l’obbligo di partita IVA;

d. Michela si è laureata e, in attesa di occupazione, impiega cinque pomeriggi alla settimana dando lezioni di latino. Ha l’obbligo di partita IVA.

Che cosa faranno Anna e Chiara che non hanno l’obbligo di partita IVA?
Emetteranno una semplice ricevuta ad ogni incasso e dichiareranno il loro reddito nel quadro L del Modello Unico (o quadro equivalente del 730) ai sensi dell’articolo  art. 67 TUIR lettere i) ed l).

Mentre Mario e Michela dovranno emettere regolare fattura con tutti gli elementi obbligatori, dovranno tenere la contabilità che potrà anche essere di estrema semplicità se rientrano nel regime forfettario,  compileranno il quadro G o il quadro E del Modello Unico. Dovranno anche effettuare valutazioni in merito alla loro eventuale iscrizione INPS.

I famosi 5.000 euro e i 30 giorni lavorativi

Si legge quasi ovunque che per identificare un’attività abituale sia sufficiente valutare questi due parametri:

. importo annuo degli incassi superiore a 5.000 euro;

o (non e)

. prestazione di durata superiore a 30 giorni annui.

Questi parametri si riferiscono alle prestazioni di lavoro occasionali definite dal D. Lgs n. 276/2003 (detto anche Legge Biagi) – Legge 326/2003 – e  Circolare INPS numero 103 del 6-7-2004  che ha stabilito l’obbligo di iscrizione al superamento di 5.000 euro netti all’anno.

Attenzione però che queste regole riguardano i lavoratori che hanno dei committenti.  

Negli esempi visti sopra, se Anna realizzasse i suoi braccialetti per una impresa, oppure se Chiara facesse le sue lezioni presso una scuola.

Ma non sono questi i casi presi in considerazione.

Quindi perché i due limiti vengono associati all’obbligo di aprire la partita IVA anche nel caso non vi sia un committente?

Perché non essendoci una norma che stabilisca in modo chiaro dei tetti numerici, per prassi e per buonsenso si tende ad assumere questi parametri.

Ma bisogna fare molta attenzione e valutare caso per caso alla luce di tutto quanto sopra ho scritto e non solo di questi due parametri, per evitare di incorrere in contestazioni.

Infatti la sentenza della Cassazione 15031/2014 ha affermato che anche un’attività esigua può comportare l’obbligo di partita IVA (nella fattispecie si trattava di un falegname con fatturato inferiore a 5.000 euro, ma in presenza di preventivi, disegni, costi di trasporto ecc. che hanno evidenziato, secondo la sentenza, abitualità e professionalità).

Gli hobbisti e i creativi devono aprire la partita IVA?

Esiste differenza tra hobbisti e creativi.

Gli hobbisti sono coloro che vendono, barattano, assemblano beni già esistenti.

I creativi sono coloro che realizzano beni nuovi con la loro manualità e ingegno.

Ma per il fisco quale differenza c’è?

NESSUNA.

Vale la regola detta sopra.

Se l’attività è continuativa e professionale occorre la partita IVA, altrimenti no.

Mirna Pioli

Commercialista

Il web ci ha abituati a cercare tutto, subito e gratis, navigando. Ma spesso, dopo tanto tempo perso, i dubbi restano.
Se hai bisogno di una soluzione rapida, competente, sicura, clicca qui sotto

Privacy Policy Cookie Policy

© Mirna Pioli - Commercialista - Tutti i diritti riservati