Un po’ per la crisi, un po’ per il divertimento che comporta, un po’ per l’etica che racchiude, è tornato di moda acquistare, e quindi vendere, oggetti usati.
Pezzi di arredo, soprammobili, oggetti da collezione, la vendita on-line di beni usati è pratica molto frequente e agevolata da portali, siti internet e soprattutto da Marketplace di Facebook che va per la maggiore.
Spesso mi viene chiesto come considerare questi piccoli o discreti introiti, e così ho pensato di scrivere un articolo, semplice e concreto, da condividere con tutti.
La prima cosa da tenere presente è che la vendita on-line di beni personali usati (o nuovi se per esempio si tratta di un acquisto sbagliato o di un bene ricevuto e non gradito o già posseduto) non è considerata attività commerciale nemmeno occasionale. Per cui ciò che se ne ritrae, essendo in sostituzione del bene non più posseduto, non genera alcun tipo di reddito tassabile.
Questo significa che se lo si desidera o se viene richiesto dall’acquirente, è possibile rilasciare una semplice ricevuta a forma libera, se supera i 77,47 euro ci vuole la marca da bollo da 2 euro, ma la copia che resta all’acquirente non va consegnata al commercialista per la dichiarazione dei redditi perché l’introito, come detto, non è tassabile e non è tassabile nemmeno la eventuale plusvalenza tra quanto si era speso a suo tempo per l’acquisto e quanto si è ricavato dalla vendita.
Il denaro ricevuto dall’acquirente – ricordo il limite dei pagamenti in contanti attualmente fissato in 3.000 euro – può essere versato in banca e se la cifra è consistente consiglio di conservare la ricevuta della vendita per dimostrare al fisco la provenienza del denaro qualora venisse richiesta.
Allo stesso modo il denaro può essere bonificato, pagato a mezzo PayPal e altre modalità tracciabili senza alcun problema.
Rispetto al caso precedente qui viene meno il concetto di “beni personali”.
Il privato non vende beni suoi ma acquista beni per rivenderli, o sgombera soffitte e case per rivendere i beni, quindi l’attività è di tipo economico.
E in questo caso è necessario analizzare se l’attività svolta è di tipo occasionale, oppure organizzata e continuativa, vedi anche il mio articolo Quando è necessario aprire la Partita IVA.
Se l’attività è di tipo occasionale si rientra nelle previsioni dell’articolo 67 del T.U.I.R., redditi diversi, gli adempimenti consistono nell’emettere una ricevuta, sempre marca da bollo da 2 euro se supera i 77,47 euro, e dichiarare nel quadro L – redditi diversi derivanti da attività commerciali non esercitati abitualmente – del Modello Unico le plusvalenze derivanti da queste vendite. Plusvalenza = differenza tra prezzo di vendita e costo di acquisto che deve essere a sua volta documentato.
I redditi verranno sommati agli altri nel modello Unico e sul reddito complessivo verranno corrisposte le imposte secondo le aliquote IRPEF progressive.
Nel caso in cui, invece, l’attività venga svolta con continuità e organizzazione, si è in presenza di reddito di impresa ai sensi dell’articolo 55 del T.U.I.R. ed è OBBLIGATORIO APRIRE LA PARTITA IVA con tutto ciò che ne consegue (adempimenti, contabilità, iscrizione CCIAA, INPS ecc.).
Posto che la prima casistica, quella del privato che vende beni personali è piuttosto facile da individuale, il riconoscimento della differenza tra la seconda (occasionale) e la terza (abituale), necessita di valutazioni e, soprattutto, conoscenza ed esperienza di tipo professionale.
Non è possibile dare una regola generale e valevole per tutti.
È chiaro che se le vendite si limitano a due o tre all’anno, se si svolge magari un lavoro come dipendente, o altro che non ha nulla a che fare col commercio di beni usati, e se non si hanno siti, portali ecc. dove si pubblica la merce, si può considerare l’attività occasionale.
Ma se si ha anche solo un sito, se si gestisce un gruppo su Facebook, si mette un logo anche se “fatto in casa”, parlare di occasionalità diventa difficile.
E tirare troppo la corda in questi casi, evitando di aprire una partita IVA, pur con la consapevolezza di esercitare una attività abituale, è molto pericoloso perché il rischio è di venire sanzionati sotto molteplici aspetti: adempimenti omessi, IVA evasa, redditi non dichiarati correttamente.
Consiglio, pertanto, qualora ci si trovi in questi casi, di rivolgersi a un commercialista, e per commercialista intendo ovviamente iscritto all’Albo (verificare sempre), e di fare analizzare la propria specifica attività.
Tutte queste considerazioni valgono sia nel caso si faccia una vendita on-line di beni che nel caso si faccia una vendita di beni usati anche se non on-line.
Spero di essere stata chiara e di avere dissipato (e anche fatto sorgere) qualche dubbio.
Se pensi di avere bisogno della mia analisi per l’attività che svolgi può chiederla qui.
Commercialista
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© Mirna Pioli - Commercialista - Tutti i diritti riservati